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L'americano Stephen Pagliuca nuovo proprietario dell'Atalanta

Anche l’Atalanta nelle mani di un finanziere americano. Le proprietà americane in Serie A ormai sono otto. E’ chiaro che l’Italia abbia già perso il controllo economico del calcio, ma è probabile che presto perda anche il controllo della gestione tecnica e della salvaguardia della tradizione. La famigerata Superlega era già un esperimento in quel senso e non solo dal punto di vista finanziario. Entro 10 o 20 anni, o forse anche meno, avremo un calcio molto diverso, dalle regole rivoluzionate: shoot out, niente fuorigioco, espulsioni a tempo, regola dei falli, sostituzioni volanti. Non è fantascienza, lo anticipò già Marco Van Basten, Insomma l’americanata è alle porte…

Con l’Atalanta otto squadre di Serie A sono ormai di proprietà nordamericana. Più ci sono altre proprietà americane in B e in C. Di fatto stiamo perdendo il controllo del nostro calcio che, al di là dei soldi provenienti da oltre Atlantico, ben presto verrà gestito secondo logiche e criteri diversi da quelli cui siamo abituati. Come europei siamo conservatori e tradizionalisti, negli Usa non hanno del calcio questa concezione sacra, storica, rituale, con addirittura una funzione sociale.

  Per gli americani il calcio è solo una delle branche del più vasto “business enterteinment” e dunque si può adattare e modificare né più né meno come si mettono e si rinnovano sempre nuove montagne russe e labirinti di specchi a Disney World.

   Abbiamo ancora un pugno di presidenti italiani che controllano club importanti (Agnelli e la Juve, De Laurentiis e il Napoli, Lotito e la Lazio, Cairo e il Torino), ma tranne gli Agnelli e la Juventus, forse…,  non possiamo escludere che altri club in futuro vengano ceduti a operatori internazionali.

 E gli americani oggi, dopo i cinesi e gli sceicchi, sono quelli più interessati al business del calcio. Cosa succederebbe se la maggioranza dei club diventasse americana e di conseguenza mutasse anche il controllo della Lega di Serie A?

  Quale salto di mentalità – che possiamo sicuramente chiamare per sintesi modello NBA – il calcio italiano dovrebbe affrontare? E sempre ammesso, a monte di tutto questo, che si possa fare business con una attività il cui svolgimento è soggetto a mille variabili: un palo preso o un rigore sbagliato possono fare decine di milioni di euro (anzi di dollari…) di differenza.

  Ma a quanto pare gli americani pensano che questo sia l’Eldorado e dunque giù a rilevare il controllo dei nostri club. L’Atalanta di cui Stephen Pagliuca, vecchio socio di Jim Pallotta nei Boston Celtics, ha preso il controllo dai Percassi per il 55% – lasciando all’imprenditore bergamasco la presidenza – è stata valutata addirittura 400 milioni. Una cifra impossibile da non prendere in considerazione.

 Ad oggi abbiamo Atalanta, Genoa, Spezia, Roma, Fiorentina, Milan, Bologna (canadese) e Venezia nelle mani di ricchi uomini d’affari americani. Con alterne fortune, non tutti destinati ad avere successo in termini di trofei e vittorie, che non sono propriamente il primo obiettivo dei nuovi padroni. L’importante è guadagnare, il resto viene dopo. Dato l’addio ai “ricchi scemi” degli anni 60-70, passati attraverso i Moratti e i Berlusconi degli anni 80, adesso abbiamo finanzieri d’oltreoceano che sono l’evoluzione moderna del vecchio Zio d’America. Che passano dal basket, al football, al calcio senza farsi troppi problemi.

  Quasi tutti gestori di fondi, raider speculatori della finanza che non hanno alcun legame, tantomeno sentimentale, ma che portano nel calcio i denari di altri investitori. Che quei denari sperano di moltiplicare prima di tutto.

  L’operare all’interno dell’ Uefa e della Fifa garantisce ancora una certa continuità di regole universali e il perpetrare di una tradizione storica, ma il calcio sta cambiando talmente fuori dal campo che prima o poi finirà col cambiare anche all’interno.

  Il tentativo secessionistico della Superlega era già un passo in questo senso, una colossale “americanizzazione” del football europeo. Non ha sfondato, per ora ma si è comunque trasformato in una potentissima arma di pressione su Uefa e Fifa per aumentare gli incassi e indirizzare la maggior parte del flusso di entrate verso i grandissimi club.

  E penso che, strettamente connesse al business, entro i prossimi dieci o venti anni le trasformazioni saranno tali da assistere a un altro sport. Più breve e conciso, senza pause, con ulteriori regole che ne facilitino i gol, più frenetico e televisivo. Magari spacchettabile attraverso TikTok. Nessuno può dircelo adesso, ma sarà la fruizione stessa del calcio a determinarne l’indirizzo.

  Il substrato tecnico della Superlega oltre la motivazione economica straordinaria era sostanzialmente questo. Una modifica genetica della radice identitaria del calcio per farlo sviluppare in maniera più redditizia nelle mani degli investitori. E’ un dibattito che è già arrivato da qualche anno in Europa e che l’ampliarsi delle proprietà americane fatalmente allargherà e velocizzerà.

  Cinque anni fa Marco Van Basten, non uno qualsiasi, rilasciò alla Bild un’intervista in cui auspicava e in qualche maniera anticipava un calcio nuovo. Con molte regole diverse dalle attuali: shoot out al posto dei rigori, come ai tempi dei Cosmos di Chinaglia e Pelè, niente più fuorigioco, abolizione delle ammonizioni e dei cartellini gialli per introdurre le espulsioni a tempo, limite dei 5 falli in stile basket, ridiscussione del numero dei giocatori in campo, sostituzioni volanti e via così.

  Un’americanata? Sì un’americanata. Dategli venti , anche solo dieci anni, o forse addirittura meno, e ci arriveremo.

***

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Giornalista sportivo, a La Repubblica dal 1983 al 2022, sono stato per 12 anni capo dello Sport. Prima e dopo sempre sport e calcio, dai campi di periferia fino ai Mondiali, da Gianni Brera fino a Internet, da San Siro a New York, da Wembley all'Olimpico, dalla carta alla TV. Autore di Bloooog!, il Bar Sport, per 14 anni dentro Repubblica.it. Ora in maniera assolutamente libera, autonoma, indipendente, senza filtri.

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2010nessuno

Ebbene si Fabrizio, Inzaghi ha sbagliato tutto, Di Marco terzino a sx che non si trova al meglio e non va, Barella in mezzo a centrocampo che non è quello che fa e deve fare, meglio Vidal allora è soprattutto si, non mettere giocatori che sono stanchi dopo la CL, e per l’amor del cielo anzi del calcio, invece di seminarli in giro, tienti qualche giovane promessa tra gli attaccanti, meglio far debuttare chi non vede l’ora piuttosto di un inguardabile Lautaro.

myway

E io che volevo scrivere oggi dell’America che ha trovato l’Atalanta. Oggi la mia dea è in mano agli americani: dall’America ecco un nuovo temerario, questo Stephen Pagliuca, che investe scegliendo l’Atalanta. Che va di moda (non all’AIA) e ha il bacino d’utenza più bello del mondo ma è grande quanto un pollaio Avrei voluto scrivere sull’America che trova l’Atalanta, sul salto nel mondo e non nel buio che l’Atalanta sta facendo; sul bicchier mezzo vuoto o mezzo pieno che si vede in questa operazione. Ma il mondo d’oggi va così, i soldi se ne infischiano dei confini: vanno dove possono aumentare. Disquisire sui sogni e le paure che stanno attraversando la città perché Bergamo è l’Atalanta e l’Atalanta è Bergamo; ma tutti gli investitori stranieri approdati nel calcio italiano stanno perdendo milioni e milioni e continuano a mettere soldi e scontentare i loro tifosi.… In attesa di verifiche, giudizi sospesi.

Scrive Roberto Belingheri su l’Eco di BG di oggi: “Non c’è dunque da fasciarsi testa prima di essersela rotta. Il senso dell’incognita è comprensibile e umano, ma il livello dell’operazione è talmente alto che anzi, questo somiglia tanto a un nuovo trampolino di lancio. Queste acquisizioni sono capitate, finora, quasi soltanto a grandissimi club. Che capitino all’Atalanta è il segno di «dove siamo arrivati» e che l’Atalanta, per la bontà dei suoi risultati figli di una gestione strategica e sana, è un ottimo affare”. Questa ha tutto per essere un’operazione di crescita per il club. Il tempo ci dirà. Buon viaggio Atalanta!

Ecco avrei voluto scrivere su tutto questo ma … ma … siamo qui in mano ad arbitraggi stupidi fatto da stupidi e incapaci, al servizio dei soliti potenti e prepotenti.
Ma adesso basta. Non ne posso più. ‘Affanculo (quasi) tutti. Ci sentiamo tra qualche settimana o tra qualche mese.

Sunako Nakahara

Con le proprietà americane il problema è sempre lo stesso.
Loro ballano il rock and roll, loro giocano a baseball…
ma i soldi pe’ Camel chi glieli dà?

R.T.

Parafrasando il Bomba, la mia squadra ” scula” anche quando non gioca… non pensavo che la Dea perdesse a Firenze, anzi credevo che dopo lo scherzetto in coppa Italia tornasse dal Franchi con 3 punti in saccoccia e ci agguantasse in classifica. Meglio così anche se con i potenziali 3 punti del recupero gli orobici ci sono avanti per gli scontri diretti…ma sono appunto, punti potenziali ( vedi Torino e Salernitana).
Non mi spingo a dire che ho buone sensazioni, ma
credo che per il quarto posto siamo ancora in lizza

Modifica il 2 anni fa da R.T.
Expo

Lo sbarco degli americani non porta fortuna alla Dea, che perde a Firenze e adesso, con la partita in più, al massimo può raggiungere la Juve.
Occasione persa, ma molto non le si poteva chiedere giocando senza punte
Certo, un po’ di rumore fanno le costanti proteste dei bergamaschi (e del Gasp) contro gli arbitri, quando è proprio l’Atalanta che fa del gioco al limite il suo marchio di fabbrica. Questa volta, a differenza delle partite della Juve, l’arbitro si porta i cartellini e sono 4 a fine primo tempo (3 Atalanta 1 Fiorentina) e altri 3 alla fine.

Sul tema del post (l’impatto dei finanzieri americani sul calcio italiano), alcuni spunti:

  • la governance del calcio italiano è rimasta ferma alle strutture bizantine, con schiere di burocrati il cui unico metro di giudizio è il tornaconto politico
  • la profittabilità dell’industria calcio non è legata solo all’aspetto sportivo (migliori risultati = più tifosi = più ricavi) ma dipende da altri fattori a volte estranei alla dinamica sportiva (per esempio, lo sfruttamento immobiliare, i flussi finanziari sull’estero in grigio rispetto al sistema impositivo, i diritti televisivi, la pubblicità*, etc.)
  • Non esiste un “modello americano”: come hanno fatto notare, baseball, basket e NFL sono completamente diverse tra di loro, e per altro molto diverse dagli sport a livello di college, che muovono molti soldi anch’essi
  • Il salary cap non è sinonimo di maggiore uguaglianza tra le squadre: i Lakers muovono molti più soldi e attraggono migliori giocatori (a parità di stipendio) rispetto a altre franchigie meno vincenti (come per esempio i Kings). Ci vogliono manager molto bravi per far crescere le franchigie “sfigate” e quelli li devi pagare, al di là del salary cap
  • Quello che differenzia gli sport americani da quelli europei (e soprattutto italiani) è proprio la governance, oltre che alla sportività di base: in USA i tifosi si lamentano degli arbitri come in Italia, ma il sistema (e la stampa) non gli danno per nulla spazio,

* se hai lo stadio di proprietà, ti puoi gestire la pubblicità e le sponsorizzazioni direttamente; se lo stadio è del comune, lo devi negoziare e i margini sono diversi

Leo 82

A proposito ( indirettamente I di Atalanta, chissà se fra qualche mese scopriremo che Piatek alla Fiorentina vale Vlahovic…

Modifica il 2 anni fa da Leo 82
Eric Dolphy

senza niuno dubbio;
chissà chi erano i fessi che l’hanno ceduto;

Leo 82

Beh almeno non lo avevamo pagato 65 milioni… detto questo io me lo sarei tenuto eccome….

Eric Dolphy

rimane salda l’alleanza Juventus-Fiorentina: per ripagare l’ultimo aiuto economico della Domina la Viola interrompe la corsa al quarto posto dell’eroina;

Napoli nel cuore

Americani o non americani, sto guardando Fiorentina-Atalanta e, personalmente, trovo assurdo il racconto edulcorato che si continua a fare di questa squadra di picchiatori sistematici. Secondo me dovrebbero finire le partite in sette.

carlogobbo

mettendo in fila le cose, per primo inizierei a capire perchè si vende: ritengo che lo si faccia perchè non vi è piu’ sostenibilità economica (pezze al koolo, per capirci; e credo sia la maggior parte dei casi) o per monetizzare arrivati al top possibile o quasi (probabilmente caso Atalanta, e allora un plauso ai Percassi)
Quindi, la seconda domanda diventa perchè si compra, e soprattutto gli stranieri.
Anche qua vedo due possibilità maggiormente plausibili: si ritiene che il calcio italiano abbia, in prospettiva, un gran potenziale e allora possiamo sperare in un rilancio del movimento (stadi e infrastrutture, regole chiare, TV, ripartizione più equa, etc etc in sostanza quel che è successo in PL e quindi si crea un circolo virtuoso).
Oppure si compra principalmente per altri motivi, non strettamente sportivi, bensì legati al territorio (operazioni di mercato legate al business della nuova proprietà, operazioni immobiliari, altre acquisizioni societarie, etc etc; e sia chiaro non ci vedo nulla di male). In questo secondo caso non vedo grandi ragioni e speranze di sviluppo del movimento; si perseguono i vari scopi e si lasciano le società in salute , ma giusto galleggiare.
Personalmente se guardo i casi italiani ( con esclusione di Milan e in parte Inter, dove parliamo di fondi finanziari che probabilmente cercano la grande plusvalenza dalla rivendita) propendo più per il secondo caso (a mio avviso emblematici Bologna e Fiorentina, dove personalmente non ho ancora capito i progetti e le vere ambizioni sportive se non stazionare a cavallo di metà classifica. Il Bologna, di cui sono stato abbonato per vari anni, tanto per dire ha il quarto proprietario per forza finanziaria della serie A, che diventa il secondo se si escluse la specificità di Elliott al Milan e Zhang dell’Inter oggi molto ridimensionato per capacità di investimento nel calcio)

Gianpagliacci

Vivere in un condominio non è mai stato il massimo delle mie aspirazioni
Se poi trattasi di un condò..minio ancora peggio, n’est-ce pas ?

grillo afono

Condom…inio

nirula's

I debiti sono clamorosi e hanno appesantito bilanci già fragili. Arriveranno altri investitori stranieri che non faranno neppure finta di essere mecenati ma, essendo Fondi, cioé gruppi di investimento che hanno il chiaro intento di trarre profitto dalle proprie attività, prenderanno possesso dei nostri club, anche quotandoli in borsa, per poi attendere il rialzo del valore e rivendere al miglior offerente.
Avremo squadre di proprietà straniere con allenatore straniero e 11 stranieri in campo. Il calciatore made in Italy diverrà un oggetto da collezione.
Però lo chiameranno sempre campionato italiano e calcio italiano: un ossimoro o, meglio, una definizione blasfema.
La Nazionale sarà un’isola di un continente senza confini.
O no?

Rosario Frattini

Rosario Frattini

Che poi lo shoot out la maggioranza degli attaccanti italiani lo sbaglierebbero.

Rosario Frattini

A proposito di americanate.
Quando ero bambino, in uno di quei libri di divulgazione su ogni cosa conosciuta e di qualcos’altro altro ancora, che andavano molto a quei tempi, lèssi che Barnum quando si inventò il primo baraccone di fenomeni , non ancora il circo, vi presentò una vecchia negra completamente fuori di testa che ripeteva continuamente le parole : “ George, George “che spacciò come la nutrice di George Washington. Dato che parliamo degli anni 40 dell’ 800 laGeorge’s bambie avrebbe dovuto avere sui 140 anni ed il nostro imbonitore non esitò a farlo credere. Le cronache narrano di grande commozione da parte del pubblico e di vecchi reduci che baciavano commossi colei che col suo latte aveva nutrito L’ amor di Patria del primo presidente. Nessuno di questi spiriti accesi di amor patrio si poneva, pare, il problema che la nutrice di Washington sarebbe stata una schiava e che la vecchia esibita probabilmente lo era ancora.
A volte ho ripensato alle differenze culturali fra gli yankees e noi dicendomi che al bisnonno di Darix Togni non sarebbe mai venuto in mente di spacciare una povera demente per la nutrice di Garibaldi per fare soldi. Però, però Recentemente mi sono imbattuto in un documentario Luce del periodo fascista che raccontava dei pellegrinaggi che venivano organizzati alla casa natale del duce in quel di Predappio dove la voce stentorea del narratore raccontava” di come il sentimento vivo di gratitudine dei commossi visitatori si trasformasse in estasi mistica nel ripercorre i primi passi del fondatore della nuova Italia.”
Più o meno testuale anche se vado a memoria. Taccio dei testi apologetici narrati su Berlusconi dai suoi entusiasti sicofanti, maschi o femmine che fossero. Questo per dire cosa? Che il pericolo delle americanate non sta solo in quel che viene dagli USA, insieme a grande letteratura, grandissimo cinema e splendida musica, ma che anche da noi il gusto per il kitsch e la mancanza di senso del ridicolo hanno fatto gravi danni.e sono in agguato. E a raccontare una storia.

convenevole da prato al secolo Nicola Romano

Forse tra i libri di divulgazione ti riferisci al “Leonardo ” ? .

PAOLO68

👏👏👏

Eric Dolphy

più sinteticamente: a chi gli chiedeva come fare soldi Barnum lo portò alla finestra dicendo: “Guarda là fuori, il mondo è pieno di gonzi.”;
e questo bloggo ne è la conferma;

convenevole da prato al secolo Nicola Romano

Per fortuna ci sono quelli svegli come te .

più che sveglio direi modesto: non mi picco di capirne molto di calcio;
invece qui abbondano i superesperti di calcio, economia, politica e idraulica;

Ianmisugi

Mamma mia che guazzabuglio. Capita quando si parla per luoghi comuni e per sentito dire. A parte il fatto che è servito un utente – ottimo – per chiarire che il controllo dell’Atalanta sarebbe ancora dei Percassi (e non mi pare dettaglio da poco se si commenta una notizia) vorrei capire quali sarebbero le americanate da cui dovremmo salvare il calcio.

Quali sono gli stravolgimenti che fanno così paura? Quelli che tengono il Baseball saldamente ancorato alle sue radici, vietando financo l’adozione di nuovi materiali per garantire la comparabilità delle statistiche con quelle di 120 anni fa? o quelle che limitano la NFL a 17 giornate complessive (una in più di 30 anni fa, contro le 15 partite in più che gioca oggi un calciatore professionista, tra club e nazionali?)

Rosario accenna al tema delle franchigie e mi trova d’accordo. Come concetto non piace nemmeno a me. Va però detto che si tratta di un fenomeno estremamente limitato e che negli ultimi 30/40 anni ha riguardato praticamente solo le franchigie di espansione (con la dolorosa eccezione dei Raiders). E in Italia avrebbe poco senso, posto che si può serenamente pensare di acquistare il Monza e portarlo in Serie A in 3/4 anni (molto meno di quanto serva per muovere una franchigia).

Insomma (lo uso per rinverdire la tradizione 😃), mi pare che il calcio italiano abbia da preoccuparsi più dei nostranissimi Ferrero, Preziosi, Lotito, Campedelli, Cairo, Cellino (per non tornare ai Tanzi, Gaucci, Cragnotti) che dei capitali esteri e delle americanate. Che, semmai, sono un barlume di speranza.

cipralex

Mah, forse l’idea della Superlega nasce proprio per (cercare di) evitare che TUTTO il calcio diventi “un’americanata”. Con una adeguata redistribuzione dei profitti magari la Superlega potrebbe permetterci di continuare a guardare juve-toro così com’è adesso……

Tiziano

Cipralex, mi sa che avresti visto uno juve-toro con i bianconeri che schieravano le “terze” riserve.

Modifica il 2 anni fa da Tiziano
cipralex

Ciao Tiziano. Io preferisco sempre guardarmi un juve- toro ( ma anche un napoli- milan) di campionato anche se con le terze linee piuttosto che mutd- psg pieno di stelle ( vere o presunte) che non mi ricorda nulla ma se serve a mantenere il baraccone ok facciamolo…….

Tiziano

su questo siamo d’accordo.

Modifica il 2 anni fa da Tiziano
Tersa

La settimana scorsa ho visto un po’ della finale del super bowl e a dire la verità mi sono annoiato per l’eccesso di spettacolo dove tutto sembra guidato dalla pubblicità. Ho cambiato canale. Spero tanto che le visioni di Van Basten restino tali e che il calcio europeo con tutti i suoi difetti conservi sempre il suo spirito sportivo. Altrimenti non resta che goderci questi ultimi 10 anni.

Tiziano

Sono rimasto sveglio fino alle quattro per vederlo. Il football era un contorno. Comprendo la qualità strategica del gioco ma televisivamente è inguardabile.
Dieci, quindici secondi di azione e poi via, giocatori tutti spariti dal campo e chiacchiere, chiacchiere e pubblicità.
Per non parlare del medley sanremese di hip hoppari dell’intermezzo. Roba che ti fa rivalutare i verbosi esegeti calcistici delle telecronache nostrane.

Modifica il 2 anni fa da Tiziano
Ianmisugi

Ecco, questo sì: i tempi di alcuni eventi sportivi americani sono insopportabilmente lunghi. Sono almeno 20 anni che seguo in diretta tutta la stagione NFL, ma mail il Super Bowl, che assomiglia più a Sanremo che ad un evento agonistico.

Leo 82

E’ la stessa fine che ha fatto la Formula 1 con Liberty Media e di fatto ho smesso di vederla. Quando metti le cose in mano ai soldi poi arrivano gli americani… e fanno le loro puttanate. Ci si arriverà sicuramente ed ha ragione Rosario a sperare nel conservatorismo dei britannici, ci spero anche io, ma sempre questione di soldi sarà e quindi mi sa che ad un certo punto ci daremo un taglio…

Ianmisugi

Leo la formula 1 era morta da un pezzo prima che arrivasse Liberty Media, che anzi ha fatto ciò che FIA e la Britannicissima precedente proprietà non hanno mai saputo fare, vale a dire tagliare del 70% i budget per favorire la competitività dei team minori e cambiare radicalmente le regole. Non ti incazzare, ma hai fatto proprio un esempio calzante, al contrario: per 30 anni la F1 è stata vittima di un patto scellerato tra una proprietà inglese e le grandi case automobilistiche. Liberty Media è il primo tentativo di riportare la F1 al suo spirito originario: una sfida tra piloti e non solo tra ingegneri. Magari non arriveranno da nessuna parte, ma al massimo faranno male come chi li ha preceduti. Buona domenica

Leo 82

Sarà così Stefano ma io mi divertivo di più ai tempi di Ecclestone. Il problema è che gli americani mi stanno proprio sui coglioni, e mi rendo conto che a volte ho dei preconcetti, speriamo che sia come dici tu. Buona domenica.

Modifica il 2 anni fa da Leo 82
Ianmisugi

Certo che ti divertivi di più, vedevi il Bosone girare sull’autopista… 😃 io una noia come quella dei mondiali di Schumacher e della Red Bull quest’anno non l’ho vista. E il primo mondiale con i regolamenti voluti da Liberty Media sarà il prossimo. vediamo…

Sydneysider

Una domanda semplice da uno del parco buoi agli esperti di finanza.
Perche’ si investe nel calcio se e’ un pozzo senza fondo?
Da quello che capisco (lettura bilanci, articoli di giornali ecc) non guadagna nessuno, nemmeno chi vince molto.
Ci sono logiche extra calcistiche nell’ingresso nel calcio degli sceicchi o di un Abramovic che giustificano la spesa, ma gli altri?
E allora? Perche’ buttare soldi?
Che logica di investimento ha Pagliuca? dove trovera’ il suo guadagno?
O forse per la finanza internazionale, domiciliata nei paradisi fiscali, manovrare soldi che tanto li’ finiscono e’ come giocare in casa?

Eric Dolphy

a) perché sono stupidi e/o tifosi sfegatati;
b) perché hanno ben altri vantaggi -alla fin fine non tanto difficili da capire;

il radarista

Buon giorno

Plusvalenze, minusvalenze, estero su estero e chissà quante altre diavolerie conoscono i “satanassi” dell’Alta Finanza. Forza *Hilander, *Corrado e altri. Aspettiamo lumi.

Buona domenica e saluti

zzzi

Dal comunicato ufficiale de “La Dea S.r.l.” :

“L’accordo prevede l’ingresso dei nuovi investitori con una quota complessiva del 55% nel capitale sociale de La Dea Srl (“La Dea”). La famiglia Percassi manterrà la quota del 45%. La Dea è la sub-holding della famiglia Percassi detentrice di circa l’86% del capitale sociale dell’Atalanta. La famiglia Percassi rimarrà il principale singolo azionista e la governance sarà espressione di una partnership paritetica: Antonio e Luca Percassi continueranno a ricoprire la carica rispettivamente di Presidente e Amministratore Delegato dell’Atalanta, mentre Stephen Pagliuca verrà nominato Co-chairman del Club”.

Non è stato venduto il 55% della società Atalanta, ma de La Dea S.r.l., detentrice del solo 86% del capitale sociale della società sportiva. La quasi interezza del restante 14% è direttamente di proprietà della famiglia Percassi che quindi con quella quota, unita al 45% dell’86% rimasto escluso dalla cessione, continua a mantenere la maggioranza assoluta del club, il quale, almeno per ora, resta in mani italiane.
Per quel che vale dovrebbe essere così.

Luc 68

Presidente Borlotti: ” …Sono riuscito ad avere i tre quarti di Gentile e i sette ottavi di Collovati, più la metà di Mike Bongiorno. In conclusione, noi abbiamo ottenuto la comproprietà di Maradona in cambio di Falchetti e Mengoni …”

Tersa

Non è così. La maggioranza della proprietà dell’Atalanta è della La Dea (86%) dove gli americani hanno il 55%. Di conseguenza gli americani comandano indipendentemente da altre quote. E non potrebbe essere altrimenti dopo un investimento milionario.

zzzi

La parte evidenziata in “corsivo” nel mio post è una citazione del comunicato ufficiale de La Dea S.r.l., dove La Dea è la sub-holding, fino a poco fa di proprietà della famiglia Percassi, detentrice di circa l’86% del capitale sociale dell’Atalanta.

In tale comunicato la società, di cui il gruppo di investitori capitanato da Stephen Pagliuca ha appena acquisito la maggioranza assoluta, afferma (lei, non io) che “La famiglia Percassi rimarrà il principale singolo azionista”.
Del resto :

Stephen Pagliuca 0.55×86%=46.75% < 0.45×86% + (circa 13% di proprietà diretta della famiglia Percassi) =38.7%+(circa) 13% = (circa qualcosina in più del) 51% Percassi

E, al momento, i Percassi mantengono sia la presidenza che un A.D. su due, che mi pare un segno non trascurabile.
Poi visto che non si sa cosa succederà nei prossimi mesi e quali siano le clausole dell’accordo stipulato per la cessione (come scrive @Leo 82 più sotto), al termine del mio intervento ho aggiunto, nel tentativo di scansare ogni hybris polemica, “almeno per ora”.

Modifica il 2 anni fa da zzzi
Ianmisugi

Non è affatto detto. Non se vi sono patti parasociali che riequilibrano i poteri tra soci. Il fatto che si parli chiaramente di governance paritetica e i ruoli operativi mantenuti dai Percassi inducono a ritenere che sia così.

Leo 82

Ciao Stefano, giusto quello che dici, ma immagino che ci sarà un altro passaggio nel corso dell’anno, probabilmente c’è già un’opzione su un altro 25%, di solito si fa così.

zzzi

Ciao Leonardo, ma, senti un po’ : hai detto che sul nuovo blog ti sei iscritto indicando gli anni che ti senti, testuale, solo che ora io ne leggo 82, che è successo ? Non so se preoccuparmi…

Leo 82

🙂 🙂 🙂 si certo, ma partendo dalla data di nascita, quindi tranquillo me ne sento 40… sto pensando però, dato il posto dove sono, di passare ad una cosa tipo Ifigeleo in Tauride…

Alex

Un futuro che mi fa drizzare i capelli
Certo chi mette i soldi vuole puoi avere un tornaconto
Finita l’era dei padroni ricchi ma legati al “giocattolo “ datemi spazio agli investitori senza anima?
La cosa mi preoccupa è spero che la “mia” Juve sappia resistere a questo pericoloso “trend”

remo

Non hai nulla da temere caro Alex, una cosa del genere non succederà mai perché il marchio Juventus o Ferrari (insieme ad altri) sono i fiori all’occhiello della Famiglia, conosciuti e ammirati in tutto il mondo. Non è quindi una questione di costi di gestione più o meno pesanti, ma perché semplicemente rappresentano la tradizionale e marchio di una famiglia che , una città, una regione, una nazione, un azienda a livello mondiale.

Eric Dolphy

tranquillo, dove troverebbero una squadra che a così poco propagandasse i catorci che producono?

Rosario Frattini

Sull’ analisi di Fabrizio mi ritrovo completamente, e l ‘ho scritto, in maniera molto rozza per la verità, in un commento precedente, forse sul thread del derby.
Tengo a ribadire che un modello NBA o NFL mi può anche stare bene se significa introduzione di criteri di maggiore concorrenza e competitività ovvero una ripartizione delle risorse meno sbilanciata con il riconoscimento del ruolo indispensabile di TUTTI gli attori in campo, salary cap, rigorosa applicazione delle regole soprattutto quelle finanziarie. Quello su cui non sarò mai d’ accordo è lo sradicamento dell’ identità territoriale delle squadre e la loro trasformazione in franchigie, ovvero niente più che marchi commerciali da delocalizzare a piacimento secondo convenienza ed il prevalere degli aspetti spettacolari su quelli agonistici. Richiamavo anche Barnum, l’ inventore del freak come fenomeno spettacolare e Disney come affaristi tipicamente americani, col secondo capace di inventarsi un enorme affare sui sogni dei bambini. E i tifosi che sono, se non bambini che sognano? Insomma il rischio è che l’ affarismo più bieco sostituisca un progetto di risanamento rispettoso di storia, tradizione, cultura proprie del foot ball. E ho usato tutte minuscole si noti.
Mi vedo costretto a sperare nel conservatorismo dei britannici. Ed anch’ io da tifoso sono ormai un conservatore e un vecchio borbottone nostalgico dei bei tempi andati, che poi chissà se ci sono mai stati. Sto invecchiando.

remo

Stai a vedere che a fine giornata di campionato dovremo rivedere i frettolosi ed ironici commenti della maggior parte degli avventori di questo bar (barista compreso) sulla disonorevole deblacle della Juve nel derby con il cazzuto Toro alla luce della storica fetecchia del Milan in quel di Salerno e soprattutto su qualche altro inciampo sui prati verdi di Firenze, Sassuolo e Cagliari.
Buon weekend e attenzione.. alla digestione

remo

A conferma del suo intervento come sempre puntuale e preciso volevo solo umilmente aggiungere che i tre club fondatori della Superga (ovvero Juventus, Barcellona e Real Madrid) guarda caso sono gestiti da proprietà storicamente ancorate ognuna alle proprie origini nazionaliste e ciò dimostra che la loro visione futurista della Superlega era legata, oltre ovviamente ad aspetti puramente economici, anche e soprattutto alla salvaguardia della storia, della cultura e della tradizione di questi grandi club.

Tiziano

Certo certo, infatti le inglesi entrando nella superleague di colpo non avrebbero più avuto proprietà arabe, russe o asiatiche, così come per le milanesi o il PSG.
Di tutte le storielle sentite sulla superleague, scusami, questa è la più assurda.

remo

Parlavo di tre club fondatori della futura Superlega e non degli altri club invitati a partecipare

Tiziano

ah beh, allora cambia tutto. chissà perchè non hanno fondato un torneo riservato ad altre squadre che si battono per la salvaguardia e la cultura autoctone andandosi a mischiare con quei cattivoni delle proprietà straniere.
Eppure in serie A di club con presidenti e proprietà italiane e locali ce ne sono a bizzeffe.

Modifica il 2 anni fa da Tiziano
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