Fabrizio Bocca, romano di origini livornesi, classe 1957, precisamente del 27 settembre, compleanno coincidente con un noto personaggio – “Nooo, ma nun me dì: ‘o stesso giorno de’ Totti!” – maturità classica al liceo Giulio Cesare (quello delle canzoni di Antonello Venditti) e una laurea in giurisprudenza sfiorata e mai raggiunta in quanto fondamentalmente del diritto amministrativo non gliene fregava niente preferendo invece andare a raccontare per giornali e radio locali – allora non esisteva internet – le partite del calcio minore negli anni 70, su campi di borgata o di paese, non propriamente a cinque stelle. Insomma spedito a Orbetello o a Cisterna di Latina.
Per dettare gli articoli scritti al giornale committente, con la macchina da scrivere sulle ginocchia e senza alcuna tv accanto – altroché Var… – bisognava riempirsi allora le tasche di gettoni telefonici e dettare il pezzo dalle cabine in strada o dai bar di paese. Più di una volta scoperto dai tifosi della squadra di casa ha dovuto darsela a gambe. Insomma, quella che chiamano gavetta l’ha fatta tutta.
Tifoso da bambino del Milan di Rivera, da adulto è diventato per scelta, calcisticamente apolide, rinunciando volontariamente al tifo per esagerata devozione al suo mestiere. Del suo convinto ateismo calcistico difficilmente riesce a convincere qualcuno, tutti pensano che sia di volta in volta romanista, laziale, juventino, milanista, interista, napoletano e via così.
La sua fortuna è stata l’incontro nel 1983 con la redazione sportiva di Repubblica composta da Gianni Brera, Gianni Mura, Mario Sconcerti, Oliviero Beha, Emanuela Audisio e soprattutto Giuseppe Smorto con cui ha diviso buona parte del cammino professionale dentro il giornale di Eugenio Scalfari. Ridendo e scherzando fanno 39 anni di Repubblica.
Come successore nel compito di Giuseppe Smorto si onora di aver portato la valigetta della macchina da scrivere – Olivetti portatile Lettera 20 – a Gianni Brera e di aver respirato, non volendolo, migliaia dei suoi terribili sigari toscani standogli seduto accanto nelle tribune stampa degli stadi italiani e mondiali. “Boccaaa! Di chi è stato il passaggio a Van Basten? Boccaaa! il minuto? Boccaaa! Guarda quello là, ma va’ a scoa’ el mar pirla!” Tutto urlando in milanese.
![Fabrizio Bocca](https://www.bloooog.it/wp-content/uploads/2022/01/Fabrizio-Bocca-schizzo-di-Gianni-Brera-allo-stadio-658x1024.jpg)
“Ritratto schizzato di Fabrizio Bocca, fatto da Gianni Brera sul suo taccuino di appunti in attesa sulla tribuna stampa dello stadio San Paolo di Napoli della semifinale Italia-Argentina ai Mondiali 1990”
Invitato dal Giuan, avvolto sempre dalla sua personale nuvola di fumo, ha diviso con lui notti in ristoranti ormai chiusi data l’ora tra camerieri sonnolenti e incazzati, in camera d’albergo perché bisogna fare per forza l’alba e parecchie bottiglie di whisky comprate nei duty free degli aeroporti. E portate devotamente insieme alla macchina da scrivere.
Da qui il fondamentale discrimine del giornalismo: fino agli anni 2000 inoltrati il giornalista dormiva fino a mezzogiorno e vagava nella notte, uscito dalla tipografia, come un’anima in pena ancora a caccia della formazione giusta e soprattutto posti aperti per una cacio e pepe alle due del mattino. Oggi il giornalista è a ciclo continuo, e all’alba c’è già un capo rompicoglioni che vuole un pezzo, un video, un audio o l’accidenti che s’è inventato.
Caporedattore allo Sport di Repubblica per 12 anni, giornalista sportivo per una vita dal primo all’ultimo articolo, ha raccontato, visto e vissuto l’epopea straordinaria del calcio anni 80, insieme a qualche Europeo, Mondiale, Champions etc, ma questo lo dicono tutti… L’articolo cui è più affezionato è uno dei primissimi, quello dello sbarco di Falcao a Roma, con un autista dell’Atac che deviò la corsa dell’autobus e scaricò tutti i passeggeri festanti nella sterminata bolgia totale davanti ai cancelli del centro sportivo della Roma.
In attesa di smettere finalmente di scrivere e di praticare l’ozio più assoluto, è autore di Bloooog!