Zamora, il film di Nery Marcorè tratto da libro di Roberto Perrone. Dal derby di Milano tra Milan e Inter a una partita scapoli – ammogliati, un po’ “Fuga per la Vittoria” e un po’ “Fantozzi”, che diventa metafora della vita. Il calcio tiene insieme passato, presente e futuro, semplicemente perché noi siamo fatti della stessa materia del football. O meglio el folber…
ZAMORA, IL DERBY DI MILANO E LE OSTERIE DEL GIAMBELLINO
Tu mi chiedi chi era Zamora, che, chiariamolo subito, col derby di Milano non c’entra nulla se non per motivi letterari e cinematografici. Anche se alla fine tutto finisce lì dentro, tutto nella vita, in fin dei conti, è derby.
Se anche esistesse davvero uno cui non gliene frega assolutamente niente del football – anzi el folber, per dirla in dialetto milanese che agli inizi del secolo scorso storpiava così la parola inglese football o quella tedesca fußball – credo sia impossibile non imbattersi, soprattutto adesso, nel derby di Milano, non sentirne il respiro, la pressione, la passione, la storia, l’enorme coinvolgimento popolare. Dalla city meneghina del grande business finanziario fino alle osterie del Giambellino.
Non so se vi sia mai capitato di frequentarne qualcuna, di queste osterie, posto che ne esistano ancora, in ogni caso per un ripasso consiglio “La ballata del Cerutti “ o “Trani a gogo” di Gaber.
BAUSCIA, CASCIAVIT, TRANI A GOGO
Trani, tanto per sintetizzare, era il nome con cui si indicavano queste osterie dei quartieri popolari milanesi, solitamente gestite da pugliesi immigrati e che da Trani o altri paesi del sud importavano anche un vino a buon mercato. Buono per giocare a scopone – spesso trascinato dal mio amico collega Franco Rossi mi sono imbattuto anche nei tavoli da gioco attrezzati con tendine in maniera che i giocatori non potessero scambiarsi i famigerati cenni – fumare nazionali senza filtro come ciminiere, bere Barbera o vino a buon mercato appunto. E ovviamente scontrarsi tra bauscia (interisti) e casciavit (milanisti).
ZAMORA E I CAMPIONI DI IERI E DI OGGI CHE SI TENGONO PER MANO
Pensate quanto possa essere distante il derby di oggi da quelli anni 60 di Rivera e Mazzola. Pochissimi di quelli che si affannano oggi intorno al calcio, come semplici appassionati o come tifosi di Milan o Inter, o anche come addetti ai lavori, pensano di avere alle spalle quella storia lì. Eppure è così. E’ una catena sentimentale, i tifosi e i campioni di oggi danno una mano a quelli di ieri, e tendono l’altra a quelli di domani. E così ci sembra di stare sempre dentro lo stesso pallone che viene preso a calci da cento anni a questa parte. Del resto se ci si affanna tanto intorno alla seconda stella, è perché qualcuno ha vinto i 19 scudetti precedenti, dall’una o dall’altra parte.
Ho passato un paio d’ore a vedere Zamora di Neri Marcorè che tutto questo racconta magnificamente, in maniera assolutamente delicata, originale, e con una passione per el folber davvero travolgente, leggera, divertente, morbida, appassionante.
ZAMORA E LA STRAORDINARIA MILANO ANNI 60
Il calcio come piace a tanti di noi. Il derby immerso dentro una meravigliosa Milano anni 60, palpitante di boom economico, è in realtà trasposto in una partita scapoli-ammogliati, che cinematograficamente mescola “Fuga per la Vittoria” di John Houston con Sylvester Stallone (1981) nella parte del portiere pippa che fa miracoli e la mitica partita di pallone in Fantozzi (1975). Il tutto accompagnato dalla musica e dalle hit di allora. Adesso riascoltiamo Jimmy Fontana, magari, se tra cinquant’anni faranno un altro Zamora, ci metteranno Fedez e Mamhood. E in sala avranno tutti gli occhi lucidi…
“ZAMORA” E “C’E’ ANCORA DOMANI” NON E’ NOSTALGIA
“Zamora” e “C’è ancora domani”. Non mettiamo il marchio della nostalgia sempre su tutto. E’ normale che si guardi al passato come parte essenziale e fondamentale di noi stessi. Due film di successo sia pure in maniera diversa, raccontano l’Italia di cinquanta o anche settant’anni fa. E’ evidente che non si possa rimanere indifferenti di fronte a diritti, sentimenti, passioni che ci uniscono e ci tengono insieme come società, o anche semplicemente comunità di lavoro. Questo siamo. Questo vuol dire anche el folber, per dirla alla commendator Tosetto, Giovanni Storti: “Dio, Tosetto, le guarnizioni e il folber…”
ZAMORA, MARCORE’, giovanni, giacomo, ale e franz…
Zamora, il classico soprannome da affibbiare alla pippa che finisce inevitabilmente in porta, non è un film nostalgico, è un film che ci racconta da veniamo e che ci dice come siamo fatti, perché il nostro cuore batte da una parte o dall’altra. E che il calcio è la più grande, magnifica, spettacolare metafora della vita Per questo siamo qui e ne parliamo ventiquattro ore su ventiquattro
Merito di Marcoré, di uno straordinario cast di attori che ha nel cast delle figure di contorno (Giovanni Storti, Giacomo Poretti, Antonio Catania, Ale e Franz) il pregio della costruzione di quell’atmosfera unica e avvolgente.
UN DOLCE RICORDO E UN GRAZIE A ROBERTO PERRONE
Ma soprattutto è merito del libro di Roberto Perrone, grande e prestigioso collega della redazione sportiva del Corriere della Sera, miei dirimpettai per qualche decina di anni di lavoro, e amico con cui ho diviso parecchio calcio e anche parecchio sano cazzeggio, un tempo parte integrante del nostro mestiere e ora invece assai tabù. Soprattutto a lui va il grazie per tutto questo.
Roberto Perrone purtroppo se ne è andato poco più di un anno fa, era da poco andato in pensione, anche se continuava ad affannarsi con le sue tante passioni. Il calcio era tra queste.
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Caro FaB, il film non l’ho ancora visto, ma lo vedrò certamente appena possibile. Non posso farmi scappare un film con Neri Marcorè, (Aldo,) Giovanni e Giacomo e Ale&Franz, garanzia di divertimento sicuro, la regia di Neri porterà una vena di lieve e garbato umorismo, si va sul sicuro. Aggiungi che è ambientato nella Milano anni Sessanta, dove ho vissuto dal ’64 al 68′, trascorsi in un attimo, tra Bicocca e Grattacielo Pirelli, tra la Scala e San Siro, tra piazzale Leonardo e corso Buenos Aires, tra porta Venezia e Arena. I miei si inquietavano molto quando non scendevo a Roma per il weekend, per colpa di un Milan-Lazio o di un Inter-Juve.
N.B. Il lucchese Paradossi, un Neri Marcorè giovane, già visto altrove, è discendente di vecchi amici della famiglia di mio padre, complimenti a lui, bravo.
Avevo letto il romanzo. Il film, sebbene “liberamente tratto”, è altrettanto delicato e godibile, con una scelta attoriale perfettamente centrata. Forse forse, ma micropelo in un uovo gustosissimo, il Cavazzoni aveva la stessa cadenza dell’imitazione di Zoff.
bellissimo film, consiglio di andare a vederlo a tutti tranne al gatto col ciuffo che sicuramente non lo capirebbe.
https://www.telefonoamico.it/
è gratuito, falla una telefonatina e raccontagli di questa tua ossessione per i gatti col ciuffo, psicosfigherrimo.
Ovviamente non c’è neanche da dirlo che se qualcosa l’hai capita tu vuol dire è proprio a prova di cervellino, lmfao.
Vabbè ” nel mio bosco di mia proprietà ”
Salud
Fabrizio, ieri mattina nel mio bosco di mia proprietà è stata organizzata una giornata ” colazione con Giuseppe Cederna” attore abbastanza famoso, – come non ricordare l’oste Farina in Mediterraneo – la moglie del villico ha preparato in magione, torte di ogni tipo, uova e bacon, Illy caffè a volontà, infine estratti di frutta e verdura.
Poi siamo andati nel bosco – numero chiuso 30 persone – e Giuseppe leggendo poesie di poeti polacchi – soprattutto Milosz e Szymborska e Zagajewski – ha intrecciato un rapporto simbolico con le piante,soprattutto una quercia maestosa,secondo lui era lei che osservava noi…
Giornata stupenda organizzata dall’assessore alla cultura, comunque in tasca mi arriveranno 2000 euro per l’affitto della magione…non so quanto abbia preso Giuseppe, secondo me un bel 3000 euro.
Dirai, cosa c’entra col derby di stasera?
Moltissimo,l’attore è un tifosissimo nerazzurra,ieri aveva addirittura i boxer nerazzurri,mentre il nonno materno fu uno dei fondatori dell’Ac Milan…
Come disse il sommo Peppino, si possono fare grandi cose partendo dal nulla😀
Salud
Pensavo di aver letto tutto di Perrone, da Annibale Canessa al Manuale del viaggiatore goloso, invece non conoscevo questo Zamora: mi hai convinto, ordinato subito.
Comunque la pronuncia anni sessanta alla milanese non era univoca, mio padre per esempio diceva “vu a giuga al forbal” (ci voleva la umlaut sulla u, ma non ho voglia di cercarla)
Per noi romani è stato sempre “pallone”, ora i ragazzi dicono “calcio” (…).
e comunque era un gioco, non uno sport: dove c’erano tre o più bambini (a volte anche due, a volte anche uno solo) un pallone saltava sempre fuori e, se non c’era, si inventava.