Addio “Totonno” Juliano, mitica figura del calcio anni 60: non tutti purtroppo si ricordano che ci fu un grande Napoli anche prima di Maradona – 🎙️ IL PODCAST
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Addio Antonio Juliano, morto all’età di 80 anni. Il nome detto così trae in inganno, nessuno in Italia, tantomeno a Napoli, lo ha mai conosciuto come Antonio, bensì come Totonno. Una faccia meravigliosa, non so se da “scugnizzo” come potrebbe dirsi in un abusato luogo comune, ma da cinema certamente sì.
Di Juliano si ricordava prima di tutto la faccia così spigolosa, che non so perché associavo a quella di Tiberio Mitri, pugile che effettivamente il cinema in quell’epoca lo fece, poi la voce con quell’inflessione che faceva subito Napoli, e dopo la classe, il movimento, la fantasia, il talento. Attenzione però Totonno non era una classe fine a se stessa, il dribbling di Juliano era qualcosa di grande concretezza, in un calcio dove la tattica e gli schemi erano assai meno ossessivi di oggi.
Leggi anche:Juliano, il napoletano atipico (Il Napolista)
Ma in generale quello che spesso si dimentica è che c’è stato un Napoli, grandissimo forse no ma appassionante sicuramente sì, anche nell’epoca premaradoniana. Totonno Juliano, nato sotto i bombardamenti americani (nacque il 26 dicembre 1943, ma fu registrato all’anagrafe solo il 1 gennaio 1944 proprio per la devastazione, le famiglie sfollate e bloccate nei rifugi, gli uffici chiusi), è calcisticamente dentro l’epoca di Sivori e Altafini che non erano certo calciatori qualunque, ma straordinari campioni. Di quel Napoli Juliano fu capitano e bandiera, i suoi allenatori furono tanti ma quelli che incisero di più su di lui il Petisso Pesaola e Luis Vinicio. Ebbe anche l’occasione di andare a giocare nei grandi club del Nord, ma non si mosse mai da Napoli (16 campionati e 506 partite), e solo alla fine si fece un anno al Bologna. E’ stato anche un grande dirigente, e a lui si deve la “marcatura” stretta nel luglio ’84, di Maradona a Barcellona nei giorni più caldi che la storia del calciomercato ricordi.
E’ sempre stato tratteggiato come un napoletano atipico, senza quei caratteri che si attribuiscono secondo cliché a un popolo intero, ma comunque profondamente fedele a Napoli e alla sua cultura. Un servitore della sua città e della sua squadra. Un solco di tristezza, non so perché ma probabilmente è solo l’impressione che se ne aveva, effettivamente attraversava quel volto spigoloso e meraviglioso. Veniva dal calcio di strada di San Giovanni a Teduccio, era una figurina Panini che valeva molto, portava la maglia numero 8.
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Addio “Totonno” Juliano, mitica figura del calcio anni 60: non tutti purtroppo si ricordano che ci fu un grande Napoli anche prima di Maradona – 🎙️ IL PODCAST
anni ’60 ma anche ’70
grande interprete di quel calcio pane&salame che ci manca, o almeno che a me manca
RIP
Totonno Juliano è stato il mio primo grande capitano della squadra del mio cuore e dopo di lui solo Diego Maradona e poi Marek Hamsik hanno avuto una grande influenza su di me. Ora Giovanni Di Lorenzo sta occupando questo spazio ma, per il momento, è ancora lontano da quei livelli. Per 17 anni giocatore della squadra azzurra di cui 12 come capitano, era la guida e la bandiera di un Napoli, il “mio” primo Napoli indimenticabile, forte e romantico. La squadra che militò nel campionato di serie A nel 1966 dopo l’ultima promozione dalla serie B era formata da Bandoni, Nardin, Girardo, Ronzon, Panzanato, Bianchi, Canè, Juliano, Altafini, Sivori, Bean (Orlando): la mia squadra del cuore. Juliano era rigido, dagli alti valori morali, intransingente prima di tutto con sè stesso, lavoratore instancabile, per questo era considerato un napoletano atipico: una stupidaggine clamorosa. Era napoletano fin nel midollo, come tanti altri come lui!
O Capitano! Mio Capitano! Il nostro viaggio tremendo è terminato,
la nave ha superato ogni ostacolo, l’ambìto premio è conquistato,
vicino è il porto, odo le campane, tutto il popolo esulta,
occhi seguono l’invitto scafo, la nave arcigna e intrepida;
ma o cuore! Cuore! Cuore!
O gocce rosse di sangue,
là sul ponte dove giace il Capitano,
caduto, gelido, morto.
O Capitano! Mio Capitano! Risorgi, odi le campane;
risorgi – per te è issata la bandiera – per te squillano le trombe,
per te fiori e ghirlande ornate di nastri – per te le coste affollate,
te invoca la massa ondeggiante, a te volgono i volti ansiosi;
ecco Capitano! O amato padre!
Questo braccio sotto il tuo capo!
È solo un sogno che sul ponte
sei caduto, gelido, morto.
Non risponde il mio Capitano, le sue labbra sono pallide e immobili
non sente il padre il mio braccio, non ha più energia né volontà,
la nave è all’ancora sana e salva, il suo viaggio concluso, finito,
la nave vittoriosa è tornata dal viaggio tremendo, la meta è raggiunta;
esultate coste, suonate campane!
Mentre io con funebre passo
percorro il ponte dove giace il mio Capitano,
caduto, gelido, morto.
‘Nce vedimme mio Capitano!
Cià, totonno.
…ancora applausi per Juliano.Vera bandiera azzurra di un calcio che non c’è più.